Licenziamento disciplinare: i limiti al controllo occulto dei lavoratori
E’ legittimo il licenziamento disciplinare che sia il frutto di un’osservazione condotta in maniera occulta (c.d. controllo occulto) da parte di un’agenzia investigativa appositamente incaricata dal datore di lavoro (attuato con pedinamento, dispositivi di tracciamento GPS ecc..). Le disposizioni di cui agli artt. 2 e 3 Stat. lav., che delimitano e regolamentano le possibilità di [leggi tutto]
E’ legittimo il licenziamento disciplinare che sia il frutto di un’osservazione condotta in maniera occulta (c.d. controllo occulto) da parte di un’agenzia investigativa appositamente incaricata dal datore di lavoro (attuato con pedinamento, dispositivi di tracciamento GPS ecc..).
Le disposizioni di cui agli artt. 2 e 3 Stat. lav., che delimitano e regolamentano le possibilità di controllo del lavoratore a tutela della sua libertà e dignità, non precludono infatti il potere dell’imprenditore di ricorrere alla collaborazione di soggetti esterni (quale, nella specie, un’agenzia investigativa) per il controllo occulto del lavoratore nell’ambito dei c.d. controlli difensivi, al fine di verificare la eventuale commissione di illeciti.
Tuttavia, la giurisprudenza ha avuto modo anche di precisare con la stessa forza che “il controllo delle ‘guardie particolari giurate’ – oppure, come nella specie di un’agenzia investigativa – non può riguardare, in nessun caso, né l’adempimento né l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera – essendo l’inadempimento stesso riconducibile, come l’adempimento, alla “attività lavorativa”, che è sottratta alla loro vigilanza – ma deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione contrattuale prospettata”.
Non é poi sufficiente addurre il pretesto dell’accertamento di eventuali illeciti per dar la stura e libero accesso ai controlli occulti sulla mera inadempienza nello svolgimento diligente della prestazione lavorativa, che come tali continuano ad essere vietati.
Anche la dottrina prevalente ha individuato come sanzione principale la nullità radicale dell’atto in cui si concreta l’esercizio del potere di vigilanza e dunque l’inammissibilità della contestazione disciplinare al lavoratore di sue mancanze conosciute dal datore per mezzo di spie o sorveglianti occulti, nonché l’inutilizzabilità di tali fonti di conoscenza per la prova giudiziale della mancanza: regola, questa, desumibile non soltanto dall’art. 3 St. Lav., ma anche, in via analogica, dall’art. 2, comma 2 St. Lav., che vieta alle guardie giurate di contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale.